Questa foto è stata scattata nell’allora Piazza Grande, oggi Piazza dell’Unità d’Italia, a Trieste, il 18 agosto 1915, 85° genetliaco (il compleanno dei regnanti) di Francesco Giuseppe I, imperatore d’Austria e re d’Ungheria (etc. etc.).
È trascorso un secolo, ma ancora oggi alcune domande risultano scabrose. Per esempio, chiedersi quanti triestini (e trentini) volessero davvero essere liberati dall’Italia nel 1915 è non solo legittimo, ma doveroso, da parte di chi si occupa di ricerca storica. Lasciamo perdere il 1918, quando gli anni di guerra avevano sfiancato gli imperi centrali e si moriva letteralmente di fame (la fame della prima guerra ha ammazzato più dei bombardamenti aerei della seconda: 6-700 mila vittime, contro 5-600 mila) e quindi anche Belzebù sarebbe stato ben accolto, purché mettesse fine a tante sofferenze. Nel 1915 era diverso: Trieste era asburgica dal 1382, il Trentino lo era da almeno quattro secoli, quanti davvero desideravano vedere la monarchia asburgica sostituita da quella sabauda? Al di là dei rumorosi e tumultuosi irredentisti, quali erano i sentimenti della popolazione? Ebbene, questa è una domanda che, a distanza di un secolo, risulta ancora scandalosa. Porsela signifca essere insultati (chi scrive è stato espulso da un gruppo che si occupa di prima guerra mondiale). Aspettiamo un serio studio storico sull’irredentismo che ancora non esiste, se si escludono opere venate da profondo nazionalismo.
Buongiorno, appoggio pienamente la sua posizione, anche se credo che due contributi in questa direzione ci siano: uno della Cattaruzza e quello di Isnenghi. Entrambi concordano che l’irredentismo sia stato parte di una frangia intellettuale (limitata) di Trento e Trieste (certamente non di Bolzano), e che sia stato promosso in particolare dalla Società Dante Alighieri.
La popolazione non era particolarmente accesa da sentimenti irredentisti, anche perchè “aveva altro da fare”.
Tuttavia non ci sono ancora studi critici focalizzati solo su questa tematica. Sarebbe da presentare un dottorato in merito… ma almeno all’UniTs la vedo dura. Wir können nur auf UniWien hoffen.
Appunto, mancano studi specifici. Conosco l’ottimo libro della Cattaruzza, ma è focalizzato su altro. Il problema è che studiare queste tematiche può ancora oggi provocare reazioni polemiche, quindi tanti preferiscono occuparsi di temi meno scottanti, anche se sono passati 100 anni.
c’è un bel libro di Marina Cattaruzza “L’Italia e il confine orientale: 1866-2006” il Mulino che ripercorre bene il clima, soprattutto a Trieste, di quegli anni.
Parrebbe che l’irredentismo coinvolse una ristretta minoranza.
Un solo commento: pur essendo il principato vescovile di Trento un feudo del Sacro Romano Impero, divenne “proprietà” degli Asburgo solo in seguito al 1803.
Dunque all’atto della prima guerra mondiale, il Trentino era asburgico solo da un secolo e non da quattro come riportato nell’articolo.
Il principato vescovile di Trento era nell’orbita asburgica.
A prender empiricamente come metro di paragone il fenomeno degli irredentisti passati nelle file delle armate italiane, si arriva alla cifra di 1400 circa dal Kustenland alla Dalmazia. Di contro solo a Trieste i soldati, i marinai e gli avieri erano circa 70.000, che si assommerebbero ai friulani, istriani e dalmati. E ciò tralasciando il Sudtirolo con Trento e Bolzano. Questo potrebbe essere un indizio sulla quantificazione del fenomeno irredentista. Comunque uno studio serio sul fenomeno irredentista andrebbe fatto.
Preciso: erano circa 70.000 combattenti nelle forze armate austroungariche. Chiedo scusa della dimenticanza.
Purtroppo in Italia non e’ possibile. Mettere in dubbio l’irredentismo e’ affondare la stessa italianita’ dell’Italia. E’ dal 1861 che l’Italia deve fare gli italiani ma la storia pre 1861 e pre 1918 e’ piu’ forte delle baggianate che molti libri di storia “nazionalistici” ci propinano. Auguri nel cercare la verita’ che gia’ i nostri nonni e bisnonni ci hanno raccontato.
Il punto tragico è un altro.Innanzitutto dopo 100 anni ci sono persone terrorizzate a vedere la verità nn italica.
Inoltre…in realtà tutta Italia ha lo stesso problema ! Pure a Roma “ricordano “ancora l arrivo dei piemontesi
Alla fine della guerra, Alcide De Gasperi, all’epoca dei fatti deputato popolare trentino a Vienna e Innsbruk, si era affrettato a scrivere al nuovo governo che sarebbe assolutamente stato il caso di evitare plebisciti o referendum per dare diritto al popolo trentino di autodeterminarsi, secondo quei principi tanto cari al presidente Wilson applicati invece nel ’21 alla Carinzia. Il futuro presidente di consiglio italiano (oggi addirittura in odore di santità) sosteneva infatti che la stragrande maggioranza dei trentini si sarebbe espressa per l’Austria (documento consultato dal sottoscritto assieme ad un parere chiesto anche a d Ettore Tolomei, il furioso italianizzatore del Sudtirolo presso l’archivio storico del ministero degli esteri a Roma). E se lo diceva lui che la sua gente la conosceva benissimo…………..
Era in buona compagnia: anche Clemenceau aveva rifiutato il referendum il Alsazia e Lorena, sapendo che la maggioranza si sarebbe espressa a favore della Germania.
Posso aggiungere, e solo perché sentito dalla bocca di un anziano, che in piazza grande giovani “intellettuali” durante una loro manifestazione, vennero a suon di ceffoni rimandati a casa dai lavoratori dei cantieri e del porto, che ben capivano quanto Trieste avesse da perdere nel momento in cui fosse divenuta una dei tanti porti d’Italia.
Un bel lavoro è anche quello dei wu Ming, di parte ma ben documentato
http://ricerca.gelocal.it/ilpiccolo/archivio/ilpiccolo/2011/03/26/NZ_41_243301.html
Non è vero che non ci sono dati; negli anni ’30 Mario Alberti dichiarava che a TS prima della guerra, c’erano 50 esagitati irredentisti, circa 500 attivisti e circa 4.500 mila simpatizzanti. Ossia, meno del 2% della popolazione. Il curriculum patriottico e fascista dell’Alberti, è a prova di bomba.
A proposito di Trento, Mussolini scriveva qualcosa di simile nel 1909 e più tardi De Gasperi, dichiarava che in caso di referendum, l’Austria avrebbe vinto con oltre il 95% di consenso, ma ritengo che esagerasse per carità di patria.
La conta dei “volontari” è ancora più impietosa, dopo le revisioni storiche di F. Todero e M. Rossi, il totale si è attestato per TS sul numero di 240 persone nel 1915, ossia lo 0,7% dei 32.500 arruolati e certamente inferiore al numero dei volontari per l’Austria.
I nostri nonni conoscevano l’Italia; ricevevano i loro immigrati da decenni e sapevano cos’era la Mafia, la Camorra e la Ligera… la ‘ndrangheta mi sembra che non fosse ancora nota. Sapevano delle leggi tribali che vigevano nel Paese confinante (il matrimonio riparatore ed il delitto d’onore) e si stupivano di leggere la cronaca nera italiana (ad es. il “processo Cifariello”). I nostri nonni conoscevano anche l’italiano (a prescindere dai loro sentimenti di nazionalità) molto meglio degli italiani, non erano analfabeti come sarebbero risultati il 74% dei fanti “liberatori” del 1915.
Nel museo di Cortina d’Ampezzo c’è la testimonianza che le tasse italiane erano 3-4 volte più alte di quelle dei cittadini omologhi, a pochi passi di distanza, protetti dai confini austriaci.
Cultura, arti, cure mediche all’avanguardia mondiale e totalmente gratuite, case popolari, lavoro, relativa agiatezza anche per certe categorie operaie, sicurezza e minore sfruttamento per i contadini, giustizia esemplare ed efficace… e se qualcosa andava male, si poteva sempre scrivere all’Imperatore, che rispondeva sempre.
Perchè diavolo i nostri nonni avrebbero dovuto volere l’Italia? Non erano affatto stupidi. Quei pochi che la volevano avevano i loro buoni motivi: economici e di potere per i furboni, mentre i giovanotti irredentisti erano succubi della propaganda. Una parte degli irredentisti ebbe strepitose carriere con l’avvento dell’Italia. Ma una parte molto più consistente, si pentì amaramente. Potrei continuare con casi e testimonianze specifiche, ma faremmo notte.
Concordo sull’idea che serva una ricerca seria sulla questione. Il problema è che oggi il termine irredentismo è diventata una parolaccia, e l’equazione è quasi sempre irredentismo=nazionalismo=fascismo, (sempre che non li si consideri proprio sinonimi) cioè una cosa brutta, una colpa. Per gli altri paesi europei le ambizioni nazionali spesso erano considerate ovvie e anzi nobili e formano la “storia gloriosa della nazione”. In Italia no, questa è storia locale, particolare e quindi fonte di campanilismi e guerre ideologiche. certo se si mantiene il focus su Trieste forse le opinioni sopra riportate potrebbero far propendere per uno scarso irredentismo come sentimento locale, a Trieste, che fu resa grande dall’Austria, porto commerciale etc.(eppure proprio lì il movimento irredentista fu particolarmente virulento) L’irredentismo però ebbe facce diverse e riguardava territori diversi: Trento, Trieste appunto, Fiume, Istria e Dalmazia. Considerando che allora ( 1867 – 1918) il ricongiungimento di quelle terre con l’Italia era considerato il compimento dell’ideale risorgimentale, che questo ideale ebbe noti intellettuali quali esponenti di spicco, possiamo oggi sapere se fu sentimento popolare diffuso o solo d’elite? Non lo so. Però di solito sono molto cauto nello sputare sopra il sentimento ( o la costrizione, o la bugia …) che animò i 600.000 morti della I^ guerra, è una forma di rispetto.
Spero fra breve di dare alle stampe un lavoro sui “Volontari irredenti” della Contea di Gorizia e Gradisca. Anch’io in apertura del saggio affermo di essere in attesa “di un lavoro serio che qualcuno dovrebbe mettere in cantiere”. Penso a questo punto che non arriverà mai. Intanto se qualcuno vorrà aggiornarsi dovrà per forza leggerlo.