Tina Merlin era nata il 19 agosto 1926 a Trichiana (Belluno). Partigiana, comunista, giornalista dell’Unità, era stata l’unica a capire davvero cosa sarebbe successo dopo la costruzione della diga del Vajont e i sommovimenti che sconvolgevano il monte Toc. Lo aveva capito facendo quello che deve fare un cronista: andare fra la gente, ascoltare e riferire. Nel suo caso aveva ascoltato le preoccupazioni espresse dagli abitanti di Erto e Casso. Ma era donna e per di più comunista: negli anni della Guerra fredda il potere democristiano non poteva tollerare che una comunista mettesse in dubbio l’operato del governo. Così la Merlin non solo non fu creduta, ma fu addirittura processata per «propagazione di notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico». Invece i fatti le avrebbero tragicamente dato ragione. È morta a Belluno nel 1991.
Non le vollero credere, perché sapevano anche quelli che la costruirono cosa sarebbe successo. Ma erano troppo orgogliosi di mostrare la grandiosità dell’opera, che del disastro non gliene fregava nulla. E colpisce anche quelli che vorrebbero l’assurdo ponte di Messina, che non ha alcun senso, per i costi e che nessuno utilizzerebbe perché il pedaggio non varrebbe la candela, il tempo risparmiato per attraversare lo stretto.
Non sono del tutto d’accordo: non le credettero per motivi politici e di genere. Nel 1963 i comunisti erano il Nemico. E poi era una donna, figuriamoci.
Ho lavorato con Tina all’Unita’ nel 1976.Ero ragazzo e lei mi guidava.Con etica delicata e profonda.Ciao Tina grandissima umanita’ e purezza.
Che donna era? Era felice di fare la giornalista?
Anche io studiato il Vajont e ci sono stato due volte. Vedere quel liscione a franapoggio con tutto quel materiale sciolto poggiato sopra sulle pendici del Toc mi ha sempre fatto domandare: i geologi di allora erano degli idioti o dei crimimali? Vorrei riuscire a leggere gli atti del processo per cercare di rispondere.
Il pericolo, ben noto a tutti i protagonisti, fu ignorato perchè la diga, già pagata dallo stato in corso di costruzione, doveva essere venduta nuovamente allo stato, questa volta sotto forma di enel…la possibilità di un realizzare un tale business fece passare in secondo piano la necessità etica di far evacuare Longarone e zone prossime alla diga… I geologi: la SADE scelse le perizie più comode per i propri interessi, formulate da professionisti dell’ipocrisia e dell’opportunismp.
Siamo pronti ad affrontare qualsiasi processo, purché si ponga fine al pressapochismo che ha generato un dilagante oscuratismo culturale.
Ho letto moltissimo su questo argomento che mi ha sempre affascinato, vedo commenti molto superficiali, probabilmente una lettura di tutto quanto è successo puo fare capire che non tutto è sempre nero o bianco, ma ci sono sfumature che non giustificano ma spiegano il come si sia arrivati a questa tragedia. Semplificando, i geologi non compresero la reale natura del sito, e i modelli di caduta della frana realizzati con i mezzi dell’epoca non previdero la caduta così repentina (oltre 100 km/h!) della immensa massa nel lago. Gli stessi tecnici della SADE dormivano sulla diga la notte del disastro perchè ignoravano quello che sarebbe successo. C’è comunque parecchio da imparare da questa vicenda, non sempre l’uomo ha la completa visione dei fenomeni geologici che ci sono dietro certe imponenti realizzazioni.
Sapevi, ottimo Marzo, che il Paolo Berti l’aveva intervistata ? Negli archivi dell’ANSA non si trova, ma lui me ne parlò a lungo: il Vajont fu il suo battesimo del fuoco, e conobbe Ottone, inviato del Corriere giunto sul posto dopo di lui. fu l’inizio ( anche ) di una bella amicizia…
sono d’accordo col commento di Alessandro marzio Magno…donna e comunista…..il capitale non si smentisce