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Quella che vedete è una croce di avorio di zanne di tricheco. È esposta al Metropolitan Museum of Art di New York, si ritiene provenga dall’abbazia inglese di Bury St. Edmunds, ed è datata alla metà del XII secolo. È un pezzo assolutamente unico, perché al posto della cosueta dicitura «Gesù di Nazarteh, re dei giudei», c’è scritto «re dei confessori». Questo è uno dei fattori che ha fatto propendere per la sua autenticità: nessun falsario si sarebbe sognato di alterare una dicitura comunemente usata per metterne una di sua invenzione. La croce è stata comprata dal 1963 per una cifra in quel tempo astronomica: 600 mila dollari Usa. Il venditore con quei soldi si comprò un castello sopra Salisburgo dove visse gli ultimi venti anni della sua vita.

Il problema è proprio questo: il venditore, Ante Topić Mimara. Per la verità si presume sia il suo nome, perché con precisione non si sa come si chiamasse, né dove e quando sia nato, forse a Spalato (Split) nel 1898, né cos’abbia fatto prima di mettersi a commerciare arte. Si sa che buona parte degli oggetti che maneggiava erano falsi. Negli anni Settanta ha donato parte della sua collezione alla Croazia che gli ha dedicato un museo nel centro di Zagabria. Un museo che gli storici dell’arte tengono ben a distanza perché, dicono, quasi tutto quel che vi è esposto o è falso o è almeno falsamente attribuito. Mimara non ha mai voluto rivelare dove avesse preso il Re dei confessori. Si ritiene provenga da un monastero ungherese, probabilmente portato lì da qualche cavaliere, o prelato, inglese che stava andando a una crociata.

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