Sono stati in tanti a voler salire sul carro del tiramisù. Al di là della disputa su chi gli abbia dato i natali tre le “Beccherie” di Treviso e il “Roma” di Tolmezzo, risolta a favore del ristorante friulano grazie all’ultimo libro di Clara e Gigi Padovani, ci sono altri che rivendicano la primogenitura del dolce italiano più famoso nel mondo.
Annie Féolde, moglie di Giorgio Pinchiorri e contitolare del tre stelle fiorentino, scriveva del suo sito: «Ho iniziato a fare il “Tiramisù” nel 1970 a Firenze e sono stata io a divulgare quel dolce diventato poi così famoso nel mondo intero». Alla richiesta di precisazioni, una collaboratrice afferma che la signora Féolde aveva appreso la ricetta da una non meglio identificata «amica veneta».
Il romano bar Pompi rivendica pure lui il primato, anche se non sostiene di averlo inventato: «Il tiramisù Pompi è il frutto di quasi 50 anni di esperienza, di un lungo e costante processo di miglioramento, di un’accurata selezione della materia prima e ovviamente da quelle piccole, fondamentali e uniche interpretazioni personali del suo creatore. Tutto questo ha permesso al tiramisù Pompi, di diventare a pieno titolo uno dei simboli del “made in Italy” più amati nel mondo» è scritto nel sito.
La rivendicazione più divertente, però, è quella dell’italo-americano Carminantonio Iannaccone che dalle colonne del «Washigton Post» dell’11 luglio 2007 afferma di aver inventato lui il dolce. Racconta di aver messo a punto il tiramisù nel 1969 in un locale di Ponte di Piave, in provincia di Treviso e poi di averlo esportato negli Stati Uniti dopo aver aperto nel 2002 la Piedigrotta Bakery, nella Little Italy di Baltimora, dove il quotidiano che scoperchiò lo scandalo Watergate va a intervistarlo. C’è da dire che il giornale statunitense prova a fare delle verifiche nel Trevisano, ma non trova prove a sostegno della tesi di Iannaccone.
E poi, come si vede qua sotto, c’è pure una ricetta del 1940. Sarà autentica?
da “Il genio del gusto. Come il mangiare italiano ha conquistato il mondo” (Garzanti)
Tutta questa storia l’avevo già letta. Ma voglio precisare una cosa: Il Ristorante “Al Vetturino” di Pieris è sempre stato in auge, conosciutissimo da tutti, piloti, attori e attrici, politici e da tutti nella mia Regione e oltre, tutti venivano a mangiare il Tirimesù dagl’anni ’40 in poi. Purtroppo nel 1976, in seguito a disgrazie e la malattia del papà, contro il nostro volere abbiamo lasciato l’ambiente. Appena negl’anni ’80 si cominciò a parlare di questo dolce ma il periodo del papà era già passato, non avrebbe mai pensato di poter suscitare tanto interesse come ai giorni nostri altrimenti eccome si sarebbe difeso. Il Tirimesù a casa mia era una cosa normale, come ordinare un caffè o un bicchiere di vino. Oggi tutti sono dei Padri Eterni in terra, mi fa da ridere, mi sembra di vederli arrampicarsi sugli specchi a tutti i costi…..quella frase poi: “nostro punto e basta” non sapevo che Dio è ritornato di nuovo tra noi…….Mi scusi dello sfogo, ma sapendo tutta la storia come poteva fare il papà questo benedetto dolce con il mascarpone se non esisteva in quegli anni? Quando il libro “Tiramisù” sarà in vendita racconterò ancora una cosa, e li allora capirà quale era la genialità di Mario Cosolo.
Signora feolde, lei ha divulgato un dolce che in Friuli già si preparava da diversi anni. Nel 1966 noi diplomande della Scuola Magistrale di Udine, lo abbiamo offerto come dessert, alla fine del pasto preparato per i professori. Usato rigorosamente il Pan di Spagna e in quegli anni ci siamo dovute raccomandare con una latteria per il mascarpone, di difficile reperibilità fuori stagione, in quegli anni