I tatuaggi erano piuttosto comuni nel mondo antico, ma furono messi al bando dal cristianesimo che vietava le modificazioni del corpo umano. Durante tutto il medioevo e tutta la prima età moderna non ci si tatuava, con due sole eccezioni: Loreto e Gerusalemme. I pellegrini, a ricordo del loro viaggio, si facevano tatuare sugli avambracci alcune immagini sacre – cuori trafitti, madonne, crocifissi – dette «marchi». Non si sa se l’uso sia andato da Gerusalemme a Loreto, o viceversa. È però certo che non si è propagato da Gerusalemme perché era isolata all’interno del mondo islamico in quanto faceva parte dell’impero ottomano. Tra Cinque e Seicento anche in altri santuari si cominciò a incidere la pelle dei pellegrini. Non è quindi affatto vero che il tatuaggio fu reintrodotto in Europa dopo i viaggi di James Cook nei mari del Sud (seconda metà del Settecento) grazie ai suoi marinai che imitarono le usanze dei nativi. È invece vero che la parola tatutaggio ha origini polinesiane. Le immagini qua sotto riproducono un paio di marchi del santuario di Loreto: in alto la madonna dei sette dolori, in basso la madonna di Loreto.
da “Con stile. Come l’Italia ha vestito (e svestito) il mondo” (Garzanti)