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Ci sono quattro anni di distanza tra queste due prime pagine. La prima è del giugno 1934, la seconda del maggio 1938. Adolf Hitler considerava Benito Mussolini il proprio maestro politico e dopo la nomina a cancelliere (1933) non vedeva l’ora di incontrarlo. La visita gli fu fatta sospirare e nel giorno e mezzo in cui i due dittatori si incontrarono a Venezia (i colloqui del primo giorno si tennero nella villa Pisani di Stra) Mussolini fece di tutto per tenere il Reichskanzler in situazione di inferiorità. Mussolini vestiva una sfolgorante uniforme da caporale onorario della milizia, Hitler portava un abito troppo pesante per il caldo italiano e teneva in mano un cappelluccio di feltro floscio. Anche la prima pagina del Corriere della sera riflette questa differenza: accanto a un Mussolini in divisa, sorridente e sicuro di sè, ecco un Hitler in borghese, impacciato e dall’aria quasi spaurita. Quattro anni dopo sarebbe cambiato tutto: nella vita romana e fiorentina (con puntata napoletana) durata una settimana i due dittatori sono messi sullo stesso piano, entrambi storicizzati, come personaggi destinati a segnare i destini del mondo (in effetti, lo sarebbero stati).

Noi italiani tendiamo troppo spesso a dimenticare che il fascismo è stato il maggior successo dell’export italiano del Novecento. Inventato in Italia, da personaggi italiani, negli anni Trenta si è diffuso in tutta Europa: buona parte dei paesi aveva governi guidati da movimenti di chiara ispirazione fascista, e anche dove i fascisti non governavano, esistevano partiti che si richiamavano agli ideali mussoliniani, in Gran Bretagna e in Svizzera comprese.