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Nel Cinquecento imperversano le pianelle, chiamate a Venezia calcagnetti, una sorta di pantofole su alti trampoli. A Venezia e Firenze ne sono conservati esemplari alti anche 50-60 centimetri, ma forse non sono mai stati usati, invece di sicuro ne venivano utilizzati di alti sui 25 centimetri. Non servivano né per non inzaccherarsi, né per camminare nell’acqua alta a Venezia (una delle millanta bufale). Servivano invece a ostentare la ricchezza di chi le indossava, perché era necessario molto più tessuto per far arrivare la gonna fino a terra e anche perché le nobildonne che li calzavano non potevano camminare da sole, ma soltanto appoggiandosi a un servitore. Erano utili anche per controllare le donne, che di sicuro non potevano andare dove volessero, ma in qualche modo costituivano pure una femminilizzazione dello spazio pubblico, perché le donne, prive di ruolo politico, passando per piazza San Marco o piazza della Signoria conciate in quel modo, attiravano su di loro l’attenzione generale. Scrive Tommaso Garzoni nel 1585 che un paio di pianelle «alle signore veneziane dona grandezza tale che per la piazza di San Marco gli par veder le nane convertite in gigantesse». Il Maggior consiglio veneziano aveva provato inutilmente a proibirle nel 1430 perché le cadute dai calcagnetti potevano provocare fratture e aborti. La moda durerà fino ai primi decenni del Seicento.

Le pianelle potevano essere alte anche 50 centimetri.

Le pianelle potevano essere alte anche 50 centimetri.