Andrej Bolè è un viticoltore di Piščanci, sopra Trieste, la sua famiglia fa vino da due secoli. Coltiva uva glera da sempre e ora, visto che ne ha la possibilità, si è messo a produrre vino prosecco, lo ha chiamato «Prosecco Trieste» per sottolineare il fatto che questo dovrebbe essere il prosecco primigenio. Alla domanda: «L’uva glera triestina, e l’uva un tempo chiamata fino al 2009 prosecco, e da allora glera, di Conegliano-Valdobbiadene, sono la stessa uva?» ha dovuto francamente ammettere che no, non sono la stessa cosa. Anche gli acini hanno una forma differente. Quindi ha indirettamente confermato quel che ho sempre sostenuto: ribattezzare glera l’uva prosecco è stato un atto arbitrario, giustificato fin che si vuole dal fine di preservare il nome prosecco da attacchi come quelli subiti dal tocai (vietato a favore del tokaj ungherese), ma pur sempre una decisione presa a tavolino senza riscontro nella realtà.
A proposito: la prima citazione conosciuta del prosecco non riguarda né il Veneto né il Carso triestino, bensì l’Istria ed è contenuta nel libro dell’inglese Fynes Moryson che viaggia nel Nordest della penisola italiana attorno al 1594 e pubblica il suo libro a Londra nel 1617. Scrive: «These are the most famous Wines of Italy. La lagrima di Christo, (the teare of Christ) and like wines neere Cinqueterre in Liguria: La vernaza, and the white Muskadine, especially that of Montefiaschoni in Toscany: Cecubum and Falernum in the Kingdome of Naples, and Prosecho in Histria».
L’ampelologo coneglianese Italo Cosmo, indimenticato direttore della Stazione sperimentale per la viticoltura di Conegliano, scrive, nella sue schede, di uva Processo (Prosecco tondo e Ptosecco Balbi). Poi, com’è noto, la storia viene piegata all’attualità. Balza sul palcoscenico Glera e il Prosecco che di produce nel Triveneto e si imbottiglia anche in Piemonte.
nel primo secolo dopo cristo ne parlava plinio il vecchio dell’uva prosecco che chiamava Pucinum… nel compresorio di Valdobbiadene-Conegliano non cè traccia di uva glera.. infatti sono presenti i tre cloni del prosecco: Lungo,Tondo,Balbi…
Plinio parlava di pucino, non di prosecco (o glera). Pucinum «gignitur in sinu Hadriatici maris, non procul a Timavo fonte». La verità è che noi non sappiamo nemmeno se il pucino fosse bianco o rosso. Più probabilmente rosso (ma si diceva nero, il vino nero diventa rosso solo a Novecento inoltrato) perché i romani quasi non conoscevano il vino bianc. I vitigni bianchi erano pochissimi, e prevalentemente da tavola, le uve venivano pigiate tutte assieme e quindi i rossi prevalevano sui bianchi, i vini si ossidavano e poi si usava aggiungerci mosto cotto e miele, di conseguenza il concetto di vino bianco era molto, ma molto, relativo. Inoltre i vitigni si sarebbero schiariti in seguito a un’ondata di freddo nel corso del XIV secolo che provocò mutazioni delle uve. Più probabile, quindi, che il pucino sia l’antenato del terrano che, tra l’altro, è lo stesso vitigno del raboso.